Dal 18 al 20 Marzo il Palazzo del Ghiaccio di Milano ospiterà Bellissima, una fiera del libro innovativa nel concept e negli intenti, che si propone di promuovere la cooperazione fra tutti coloro che collaborano allo sviluppo della cultura, dagli editori agli autori, dai lettori a tutti i professionisti che si occupano della diffusione della parola scritta. Ne abbiamo parlato con Sergio Bianchi, direttore editoriale della casa editrice DeriveApprodi, che è fra gli organizzatori dell’evento. La sua esperienza editoriale si è articolata soprattutto intorno alla cura di saggi storici per Feltrinelli, Castelvecchi, e, naturalmente, DeriveApprodi.
Come si è sviluppata la tua esperienza nell’editoria indipendente?
Nel 1992 con altre persone abbiamo ideato e autopubblicato una rivista, DeriveApprodi, che si occupava di temi di teoria e filosofia politica. Lo “strillo” di copertina del suo numero 0 riassumeva il senso del suo progetto: “E’ possibile pensare che un lungo periodo di distruzione delle intelligenze collettive cominci a volgere al termine e che nelle metropoli stia emergendo una nuova percezione del presente”. Quella rivista riscosse un discreto successo e nel 1998 una compagine più ampia finanziò e diede vita alla casa editrice che porta lo stesso nome e che nel suo percorso ha pubblicato fino ad oggi circa 500 titoli.
La contrapposizione fra editoria mainstream e indipendente, fino a poco tempo fa, era percepita come una contrapposizione in termini di vendite. Ciò che “vende” è mainstream, ciò che è indipendente “non vende”. Che cosa è cambiato?
Sostanzialmente poco o nulla. Anzi, la concentrazione proprietaria su tutta la filiera (produzione, promozione, distribuzione e punto vendita) ha ulteriormente penalizzato gli indipendenti.
Periodicamente, nell’analizzare l’editoria in Italia, si dice che siamo un paese in cui “tutti scrivono e nessuno legge”, è ancora così? È mai stato effettivamente così?
Si tratta di una battuta, ovviamente. Anche se è vero che in Italia, in raffronto alla gran parte dei paesi europei, si legge pochissimo. Non esiste una efficace politica culturale e legislativa che favorisca la lettura soprattutto là dove dovrebbe essere avviata e incentivata: la scuola e l’università.
Con la diffusione degli e-book anche l’editoria ha conosciuto il fenomeno della pirateria diffusa. Come è possibile, con queste premesse, rendere sostenibile un progetto di editoria indipendente?
L’e-book in Italia registra un fatturato quasi insignificante. E anche nei paesi dove aveva avuto un’impennata impressionante (gli Stati Uniti) sta registrando un fermo e una regressione. Non bisogna temere le innovazioni tecnologiche applicate alla produzione culturale che comunque, come tutte le tecnologie, piaccia o meno, una volta accese non si possono più spegnere. Un progetto di editoria indipendente che abbia il senso e la dignità di definirsi tale può essere ideato promosso e agito solo dagli editori indipendenti stessi i quali però, finora, hanno dimostrato perlopiù sentimenti e pratiche miseramente individualistiche.
I cinque editori indipendenti che dovremmo assolutamente conoscere…
L’editoria indipendente, dal punto di vista della proposta, e ambito ricco di creatività e faremmo forse prima a indicare i cinque che non dovremmo assolutamente conoscere…
Nella descrizione del progetto Bellissima si legge che si intende inaugurare un percorso nuovo, diverso e innovativo. Cosa significa?
Significa che si intende superare la formula trita e ritrita, stanca e banale delle fiere e fierette di categoria. Si tratta di sperimentare il superamento stesso dell’idea di fiera, cioè di esposizione di una specificità dell’indipendenza culturale, per tentare una messa in relazione con altre produzioni culturali indipendenti: musicali, teatrali, cinematografiche, audiovisive, artistiche ecc. Significa comprendere che occorre tendere a un progetto di coalizione delle indipendenze. Bellissima intende essere l’avvio di questa sperimentazione.
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