Una logica simile viene seguita anche nel settore del business travel e in generale la tendenza è esplosa nel 2021 e sta diventando un modello sempre più consolidato.
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Lavorare senza rinunciare alle vacanze: dal 2022, la nuova tendenza
La workation si distingue dallo smart working perché non si tratta solo di lavorare da remoto, ma di lavorare e contemporaneamente rilassarsi in vacanza. Godendosi un tramonto tra le cime delle montagne, facendo un tuffo in piscina o una breve escursione tra una telefonata e un disbrigo di corrispondenza. In questo modo si abbattono non solo le barriere fisiche che il lavoro impone, ma anche quelle costrizioni mentali che rendono lavoro e relax mondi incompatibili.
Sono state le stesse location di villeggiatura ad accorgersi di questa nuova attitudine e gli imprenditori più perspicaci hanno subito cercato di cavalcare l’onda. In questo senso già molte strutture turistiche si stanno adeguando e forniscono banda larga illimitata e funzionante, camere con postazioni da lavoro complete di tutto il necessario e pacchetti per famiglie che includono il babysitting o l’intrattenimento per bambini. Offrire questa particolare esperienza, inoltre, è ormai anche al centro degli interessi di chi si occupa di viaggi aziendali adatti a ogni esigenza.
Se tutto questo è necessario, non è tuttavia sufficiente, specie se si guarda alla sostenibilità come a un obiettivo da cui non si può distogliere lo sguardo. All’esperienza della workstation, infatti, si deve applicare anche il parametro del minimo impatto ambientale. Le sfide ecologiche e climatiche di questo millennio saranno il banco di prova del vero progresso dell’umanità e quindi non si può prescindere da una valutazione di questo tipo, quando si parla di innovazione.
Workation sì, ma solo se sostenibile
Anche per quanto riguarda la workation, implicazioni di questo tipo sono varie e complesse e vanno affrontate nella consapevolezza che un’offerta sostenibile non si possa improvvisare. Né ci viene in soccorso la speranza che stazionare in un luogo di vacanza sia meno dannoso, sul piano delle emissioni, che viaggiare tutti i giorni per recarsi sul luogo di lavoro.
Se è vero che lavorare da remoto riduce le emissioni di CO2 prodotte da chi raggiunge l’ufficio in macchina o con i mezzi, infatti, è vero anche che dislocare il lavoro in tante location di villeggiatura costa di più, a livello energetico, che provvede al fabbisogno di unico edificio in cui lavorano più persone.
Vanno quindi progettate nuove strutture da workstation con un approccio green, adeguatamente certificato e le aziende dovranno inserire in bilancio le spese per offrire non solo un esperienza di workstation, ma anche di workstation sostenibile.
Allargando ancora di più la prospettiva, inoltre, possiamo riflettere sul fatto che un’operazione simile potrebbe fare la fortuna di splendide mete poco note o suggestivi borghi spopolati. Queste location potrebbero infatti rinascere e diventare parte di un progetto che unisca territorio, comunità locali, aziende e smart worker. Chi si occupa del perfezionamento delle infrastrutture, inoltre, dovrà costruire con le aziende un rapporto organico, nato dall’incontro fra esigenze perfettamente complementari.
Riuscire a far quadrare il cerchio, offre numerosissimi vantaggi: un maggiore contatto con la natura e quindi un maggiore benessere psicofisico, nuovi spazi, città e comunità, tutti orientate alla sostenibilità e alla sensibilità ecologica, migliori condizioni per il lavoratore e vantaggi per le aziende, che potranno importare un modello di business più evoluto ed efficace.
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