C’è chi a fine anno fa le classifiche dei migliori dischi usciti, dei migliori libri, dei migliori film. Noi abbiamo scelto di offrirvi una classifica dei più clamorosi epic fail del marketing dell’anno che si è appena concluso (sempre che qualcuno non ci regali una perla negli ultimi 4 giorni di dicembre). Il 2016 è stato un anno sopra le righe da tantissimi punti di vista e quasi mai in senso positivo. D’altra parte avremmo dovuto capirlo fin dall’inizio: un anno che si apre con la scomparsa di David Bowie non può portare niente di buono. Negli ultimi 12 mesi è successo di tutto, tanto che è quasi rilassante concentrarsi su come il mondo del marketing, dalla comunicazione istituzionale ai social media agli spot televisivi abbia prodotto una galleria degli orrori degna di passare alla storia. Gli epic fail del 2016 ci raccontano una storia abbastanza precisa: la storia del creativo over-40, cresciuto fra i media tradizionali, che non ci pensa affatto a lasciare spazio agli stagisti poco più che ventenni che gli portano il caffè in agenzia, ma che vuole comunque comunicare con i millennial. E non ha capito come si fa. Il nostro amico creativo merita solidarietà: ha capito che l’umorismo dei giovanissimi è cambiato, ma non ha capito come. Ha capito che si può essere politicamente scorretti ed estremi, ma non ha capito che non tutti se lo possono permettere. Soprattutto non ha ancora capito, in qualche caso come si usano le stock photo. Il nostro amico creativo ha avuto un anno terribile e per questo noi gli auguriamo che il 2017 sia più clemente e lo ringraziamo, comunque, per averci divertito anche quest’anno con i suoi epic fail.
Epic fail natalizio: il panettone che prende in giro i vegani
Vi stavate chiedendo che fine avesse fatto il creativo che fatto infuriare mezza Italia con il post promozionale della Melegatti? Si occupa ancora di dolci natalizi e si è fatto assumere dalla Motta. Disclaimer: non abbiamo idea se l’autore delle due campagne sia lo stesso, probabilmente no, ci limitiamo a notare come questo settore produca almeno un epic fail all’anno. Tutti ormai avrete visto il nuovo spot del panettone Motta, che intende mettere l’accento su come i prodotti del brand siano preparati secondo la tradizione e resistenti alle mode del momento. Peccato che le invitanti immagini della preparazione del panettone siano accompagnate da una voce che elenca con inconfondibile sarcasmo tutti gli ingredienti dai quali la Motta si è tenuta ben lontana, in quella che sembra una presa in giro di chi sceglie un’alimentazione vegana o salutista. Indipendentemente dalle proprie scelte personali e dal fatto che si preferiscano le uova e il burro al “tofu tritato” (perché tritato? Che senso ha tritare il tofu?), c’è una cosa che il buon creativo dovrebbe sapere nel 2016: non si sfottono i vegani. Non funziona, semplicemente. Il dibattito sulle scelte alimentari si fa più acceso ogni anno, fino ad assumere i connotati di una vera e propria guerra ideologica, il che vuol dire che l’ironia in merito sta benissimo nei contenuti generati dagli utenti sui social media, ma associata a un brand è una ricetta per l’epic fail. Più in generale basare una campagna sulla presa in giro di chi fa determinate scelte per motivi etici non è una grande idea. Le reazioni sui social, ovviamente, non hanno tardato ad arrivare e, per quanto questo abbia fatto circolare il nome del brand – che pure non era esattamente sconosciuto – sospettiamo che non abbia particolarmente giovato alla sua reputazione.
Epic fail di pessimo gusto: il post di fine anno di Vanity Fair
L’edizione Americana di Vanity Fair ha da poco portato a termine un’operazione assolutamente geniale. Il magazine ha pubblicato una clamorosa stroncatura di uno dei ristoranti di proprietà del neopresidente degli Stati Uniti Donald Trump, il quale ha prevedibilmente reagito in modo sproporzionato su Twitter. Conseguentemente, il payoff per la campagna abbonamenti immediatamente successiva è stato “Vanity Fair: il magazine che Donald Trump non vuole farti leggere“. Applauso. L’edizione italiana di Vanity Fair, invece, ha appena messo in atto uno dei più colossali epic fail nella storia dei social media nostrani, se non per risonanza, certamente per mancanza di senso della misura. Il post che vedete è stato pubblicato pochi giorni fa sulla pagina Facebook italiana del magazine. Invita i lettori a scegliere, con un like, l’immagine più rappresentativa del 2016 fra un suggestivo panorama di montagna e la drammatica foto di un padre che cammina fra le rovine di Aleppo con in braccio il figlio neonato. Questo abbinamento è così enormemente inappropriato che è difficile perfino elencare i motivi per cui lo è. In primo luogo – e non dovrebbe essere necessario specificarlo – perché è indecente utilizzare una delle più grandi tragedie dell’ultimo secolo per accaparrarsi una manciata di like. In secondo luogo perché la maggioranza del pubblico, per fortuna, non è composta da mostri privi di raziocinio e di morale come il social media manager di Vanity Fair sembra prevedere: le reazioni sono state quasi interamente negative, al punto da spingere i gestori della pagina a scusarsi. Certo, come ha detto qualcuno questo post ha aumentato l’engagement e probabilmente anche i contatti sul sito, ma siamo sicuri che essere schiavi degli analytics in termini di numeri e non di qualità delle interazioni sia ancora una strategia che paga? È presto per dire se il post si tradurrà davvero nei boicottaggi promessi dai lettori, ma suggeriamo al social media manager di Vanity Fair di riflettere sulle conseguenze dell’inseguire la viralità e la brand awareness a tutti i costi.
Epic fail acrobatico: il Fertility Day
Non so voi, ma io durante la débâcle del Fertility Day mi sono divertita moltissimo. L’unica cosa che avrebbe potuto rendere ancora più perfetto un pomeriggio passato a guardare le immagini prodotte dagli autori della campagna, probabilmente, sarebbe stata la sigla del Benny Hill show. Chiaramente il mio divertimento era un tipico esempio di Schadenfreude, splendida parola tedesca che indica il piacere che si trae dalla sofferenza altrui, un po’ come si guardano le compilation di filmati in cui qualcuno cade in maniera stupida o spettacolare. Ecco, per chiunque si occupi di marketing, il Fertility Day è stato come una lunga puntata di Paperissima. Uno scivolone dietro l’altro, con tentativi di salvare la situazione che si risolvevano puntualmente in ulteriori imbarazzi. Non è questa la sede adatta per spiegare ai colleghi creativi e al Ministro Lorenzin che la riproduzione non è l’unico scopo della vita di una donna né che avere un solo figlio non è un crimine contro l’umanità. Per questo motivo ci concentreremo solo sul gran finale di questo splendido e articolato epic fail: il volantino razzista. Dopo il contraccolpo mediatico dovuto alla prima parte della campagna, quella a base di pance, clessidre e fratellini fantasma, il ministero ha pensato bene di cercare qualcosa che mettesse d’accordo tutti. Il tema dei poster e dei flyer che sono stati prodotti per la seconda parte della campagna era le buone abitudini da promuovere e i cattivi “compagni” da abbandonare. Il virgolettato era nel payoff originale, perché i “compagni” in questione avrebbero dovuto essere droghe, tabacco e alcol. Le buone abitudini non erano chiare, ma, a giudicare dalla foto, il consiglio sembra essere “andate al mare con i vostri amici ariani“. Al di là della bruttezza oggettiva della realizzazione grafica, che fa invocare il carcere duro a chiunque abbia mai aperto Photoshop, la vera perla sta nella stock photo scelta per illustrare i “cattivi compagni”. Mentre i bravi ragazzi destinati a riprodursi sono tutti arianissimi fotomodelli, infatti, quelli “cattivi” sono tutti di colore, oltre che intenti a consumare droghe. La quantità di stereotipi presenti in questa immagine sarebbe sufficiente a renderla esilarante, ma la giustificazione del ministro è stata talmente clamorosa da offuscarne la perfezione. Beatrice Lorenzin si è infatti premurata di spiegare che l’immagine da lei approvata era un altra, non offensiva. A riprova di questa affermazione, il ministro ha presentato ai media increduli – rullo di tamburi – esattamente la stessa immagine, ma con un editing grafico ancora più brutto e pedestre, che la rendeva leggermente meno chiara. Capolavoro. A nome di tutti coloro che traggono piacere dall’imbarazzo altrui, un sentito grazie al Ministro Lorenzin. Progetta la tua campagna stando alla larga dagli epic fail. Contattaci!
Pubblicità spazzatura si ottiene denigrando gli stili e le abitudini di vita diversi dai propri!