Il termine “lead nurturing” è destinato a diventare sempre più comune nel linguaggio di chi si occupa di vendite e, di conseguenza, di marketing. Questa espressione inglese descrive la costruzione e il mantenimento di relazioni con potenziali clienti che, anche se non sono disposti a comprare nel momento in cui vengono in contatto con l’azienda, hanno tutte le caratteristiche per diventare clienti ideali in futuro. Questa relazione si basa sulla costruzione di un rapporto di fiducia, promosso, fra le altre cose, anche attraverso un’informazione accurata e costante sull’azienda e sui suoi prodotti. Qualcuno l’ha definita una sorta di corteggiamento, poiché non basta la prima impressione per fare colpo: occorre dimostrare affidabilità nel tempo. L’errore più grande? Abbandonare il lead nurturing per cercare di chiudere immediatamente la vendita, anche quando è evidente che l’interlocutore non è ben disposto a effettuare un acquisto. Il lead nurturing, come è ovvio, è una pratica invalsa soprattutto fra quei brand che ambiscono ad attirare clienti di alto profilo in ambito B2B.
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