Fra i temi che ci interessa affrontare nella prossima edizione di GECO, la fiera virtuale della sostenibilità, c’è il modo in cui i nostri stili di vita possono essere resi più sostenibili. Naturalmente nessun discorso sulla sostenibilità può prescindere da un’analisi del nostro modo di acquistare, consumare e rapportarci con i marchi. In un mondo in cui tutti gli esseri umani sono consumatori, quali strategie di sostenibilità possono essere davvero efficaci? Per farsi un’idea di quanto l’idea del consumo sia entrata nella nostra sfera emotiva e di valori, basta leggere le infinite e spesso buffe collezioni di articoli sulle diverse industrie che i millennial o la generazione Z sarebbero responsabili di aver “distrutto”. Quello che un tempo sarebbe stato analizzato come un fenomeno socio-economico neutrale, come il cambio di un’abitudine generazionale (per esempio la fine di una certa moda e l’inizio di un’altra, l’abbandono del ferro da stiro a carbone per quello elettrico o il declino dell’uso del cappello da uomo nell’abbigliamento quotidiano) oggi è spesso commentato come un attacco personale a un essere senziente: “i millennial hanno ucciso l’industria dei gioielli” o “la generazione Z sta distruggendo l’industria dei cereali per la colazione”. Se il consumo è diventato così “personale” per le industrie e per i brand, che caratteristiche assumerà il dibattito sulla sostenibilità?
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