In una lettera aperta alla figlia appena nata, Mark Zuckerberg ha dichiarato l’intenzione, condivisa con la moglie Priscilla Chan, di investire, da ora e per il resto della vita, il 99% dei propri profitti derivati da Facebook in progetti di beneficenza. Sembra una favola di Natale, giusto? In realtà non lo è. O forse sì. O più probabilmente no. Quando si parla di investimenti multimiliardari niente è mai come sembra e tutte le nostre possibili reazioni rientrano in un cliché. C’è il cliché dell’ottimista, che plaude allo sforzo filantropico di chi vuole usare la propria fortuna per aiutare gli altri. Questo atteggiamento, va detto, si applica poco al naturalmente antipatico Zuckerberg e funziona al meglio con figure carismatiche ai limiti del messianico, come Steve Jobs. C’è poi il cliché del cinico, che ne sa di più, che ha letto più blog indipendenti dalle fonti oscure e che concluderà con toni di dolente superiorità che “è una trovata pubblicitaria” o “è un trucco per non pagare le tasse”. I fatti, che languiscono dimenticati in un angolo, surclassati dalle opinioni soprattutto grazie a Facebook, ci dicono che la verità potrebbe stare nel mezzo, per quanto leggermente sbilanciata a favore dei cinici.
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