Greenwashing: cos’è e perché fa male al pianeta e alle aziende

Che cos’è il greenwashing?

Il greenwashing è uguale al pinkwashing? Sì e no. Ciò che entrambi i fenomeni hanno in comune è il desiderio, da parte delle imprese che vi si dedicano, di usare l’impegno sociale per ottenere prestigio, piuttosto che per un sincero interesse per i problemi in questione. Entrambi, in breve, implicano un certo livello di “truffa” in materia di CSR. Differiscono non solo per le questioni che fingono di affrontare, ma anche per il livello di “finzione” raggiunto. Le aziende (o, in alcuni casi, i governi) accusate di pinkwashing usano il sostegno alla causa LGBTQ per distrarre il pubblico da altre forme di disuguaglianza o abuso in cui sono coinvolte (come le violazioni dei diritti dei lavoratori o dei diritti umani in generale). Nella maggior parte dei casi, comunque, le loro iniziative pro-LGBTQ fanno effettivamente quello che dicono di fare: le donazioni sono per lo più reali, le politiche di assunzione o le regole anti-discriminazione per lo più concrete, e le quote di diversità generalmente rispettate. Sono semplicemente incoerenti quando si tratta di altri aspetti della CSR. Il greenwashing, per contro, coinvolge spesso le aziende che pubblicizzano le loro politiche o iniziative “green” in occasione di campagne di marketing o che affermano di organizzare eventi sostenibili ma che in realtà non implementano nessuna di esse o lo fanno in misura minore di quanto il pubblico sia portato a credere.

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Come riconoscere il greenwashing

Il greenwashing conta sul fatto che il pubblico sia fondamentalmente pigro. Un buon modo per individuare le affermazioni non veritiere di presunte aziende “green” è la ricerca di dati che le confermino. In teoria, le politiche ecologiche dovrebbero essere confermate da terze parti affidabili e neutrali e opportune certificazioni ufficiali, rilasciate da organizzazioni imparziali, dovrebbero essere presentate da qualsiasi azienda che affermi di essere sostenibile o di aver investito nella sostenibilità. Chiunque può usare termini come “verde”, “eco” o “sostenibile”, ma non tutti possono aggiungere ai loro prodotti certificazioni ufficiali e riconosciute a livello internazionale (come “Fair Trade”). In generale, più un marchio è trasparente su tutta la sua filiera produttiva, sull’origine delle materie prime e sulle politiche energetiche, e più è facile verificare le sue affermazioni, più è probabile che sia un vero marchio “green”, piuttosto che un caso di greenwashing.

Cosa rischiano le aziende

La credibilità è una risorsa importante in qualsiasi mercato. I marchi che vengono palesemente smascherati come colpevoli di greenwashing rischiano di perderla presso una parte significativa della loro clientela esistente e potenziale. Inoltre, se si scopre che hanno utilizzato una comunicazione intenzionalmente fuorviante, possono incorrere in multe severe, a seconda della portata della violazione e del paese in cui si trovano.

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