Quello che è accaduto a Barbie in questi primi mesi del 2016 è uno dei più radicali esempi di rebranding che si siano visti negli ultimi anni. Il cambiamento era nell’aria da un po’ di tempo, ma il lancio del nuovo volto del più noto prodotto della Mattel è un’impresa assai più coraggiosa di quanto ci si potesse aspettare. Non si tratta semplicemente di una nuova linea di giocattoli o di un progetto tematizzato, ma di un ribaltamento completo di tutti i valori con i quali il marchio era sempre stato associato. Naturalmente, dal momento che nessuna mossa commerciale può essere accolta da consensi unanimi, anche questa nuova strategia ha ricevuto delle critiche. La natura stessa delle critiche, tuttavia, sembra confermare l’ottima intuizione del team manageriale guidato da Evelyn Mazzocco. Fra i detrattori della nuova Barbie c’è chi accusa il brand di avere cambiato rotta soltanto perché le vendite erano in calo, ossia per motivi commerciali (a differenza dei numerosi brand internazionali che, notoriamente, prendono decisioni strategiche basate interamente sull’etica). Altri sostengono che il cambiamento sia tardivo e non abbastanza radicale. Altri ancora trovano inutile e dannoso rinunciare ai tratti distintivi del marchio, negando il potere identificativo dei giocattoli sui bambini e dimostrando così di aver capito poco sia di marketing che di bambini.
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