Sapete qual è il lato migliore di vivere nella seconda del secondo millennio? Che gli anni ’80 e ’90 sono finiti e, tramontando, si sono trascinati dietro l’immaginario yuppie. Per due decadi siamo stati invasi da fastidiosi ragazzoni impegnati a ostentare orologi, automobili, beni di lusso e altri status symbol compensativi, pronti a decantare le lodi del profitto e a deridere cinicamente chiunque esprimesse preoccupazioni di tipo etico. La tipologia umana che a Hollywood veniva interpretata da Charlie Sheen e Michael Douglas e in Italia – per ragioni imperscrutabili – da Jerry Calà. Non che, in questo neonato 2016, non esistano più imprenditori senza scrupoli, aziende che danneggiano l’ambiente o sfruttano la forza lavoro o colossi multinazionali che evadono le tasse, beninteso: semplicemente, negli ultimi anni, si sono fatte strada anche diverse voci discordanti, che oggi presentano un’alternativa di tutto rispetto. Il consumo consapevole è in continua crescita, al punto che una recente ricerca di un’agenzia di marketing americana ha rilevato come il 90% dei consumatori si dichiarino disposti, a parità di prezzo e qualità, a prediligere marchi che si contraddistinguano per le scelte etiche. Chi produce e promuove, non può non tenere conto della presenza di queste ampie nicchie di mercato. Che cosa vuol dire, oggi, scegliere di rivolgersi a una clientela che ha optato per il consumo consapevole?
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