Patreon è la cosa che mi ha entusiasmato di più da quando ho scoperto l’esistenza di Internet (cioè all’incirca dal 1994 a oggi). Potrei anche semplicemente dire che è la mia piattaforma di crowdfunding preferita, ma poi dovrei ammettere di essere il tipo di persona che ha una piattaforma di crowdfunding preferita. Sta di fatto che mi sono iscritta a Patreon quando era ancora uno spazio relativamente nuovo e in evoluzione e che ho affidato con fiducia a questo sistema alcune informazioni sensibili, come del resto ho fatto con siti come Paypal, Facebook e molti altri. Quando è stata data la notizia che Patreon aveva subito un attacco hacker, la mia prima reazione è stata emotiva: mi sentivo come se qualcuno avesse derubato il mio migliore amico. Poi mi sono resa conto che era più come se qualcuno avesse derubato il mio migliore amico dello zaino nel quale aveva in custodia il mio portafoglio. Le minacce alla sicurezza informatica sono talmente onnipresenti che tendiamo a sottovalutarle. In parte pensiamo che un hacker che si rispetti possa essere interessato a introdursi nel sito della Sony per pubblicare email private che offendono Angelina Jolie, ma non certo a infiltrarsi nei server della nostra piccola azienda; in parte riteniamo che chiunque si lasci abbindolare da un “nigerian scam” in fondo meriti di essere derubato. Il guaio è che difendersi dagli hacker non è una preoccupazione esclusiva di banche e agenzie governative, ma anche dei servizi privati ai quali noi tutti forniamo i nostri dati e soprattutto delle piccole aziende, che solo per via del loro elevatissimo numero, rappresentano per gli hacker una torta ghiotta per non tentare di accaparrarsene una fetta. Ecco una piccola guida d’emergenza per chi, come me, è andato nel panico alla scoperta di un attacco a un “watering hole”.
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