Parliamo di content marketing all’interno di un “pezzo” di content marketing, ovvero facciamo del meta-content marketing. Esaltante, vero? Di tutti i carri vincenti passati negli ultimi anni, questo è forse il più affollato e non è difficile capirne i motivi. Mezzo secolo abbondante di bombardamento basato sugli imperativi – “Compra!”, “Mangia!”, “Guarda!”, “Ascolta!” – ci hanno resi finalmente insensibili ai comandi e immuni al fascino del punto esclamativo e abbiamo imparato a ricercare contenuti rilevanti in base ai nostri interessi e a costruirci le nostre opinioni personali. Ne consegue che, dal satanico punto di vista del marketer, è fra quei contenuti rilevanti che si nascondono le migliori opportunità di guadagno e tutti vogliamo tuffarci su questa torta apparentemente inesauribile e assicurarcene una fetta. Qui, tuttavia, iniziano i problemi. Solo su WordPress vengono pubblicati ogni giorno circa due milioni di post. Anche dividendo i contenuti per categorie e per lingua, il livello di “rumore” medio intorno a ogni argomento è altissimo e il fatto di pubblicare contenuti non garantisce affatto la diffusione e tantomeno l’impatto positivo di questi ultimi. Naturalmente esistono infiniti tool per misurare l’efficacia di ogni singolo post (e qualcuno di questi meriterebbe una recensione, più avanti), ma prima ancora di chiedersi quali articoli hanno generato vendite o sottoscrizioni alla vostra mailing list, è il caso di interrogarci su come assembliamo i nostri contenuti e chiederci se ciò che scriviamo merita di essere letto. Io lo faccio costantemente: un’ansia da non averne idea.
Buongiorno Angela,
ottimo articolo.
Penso che prima o poi lo citerò.
Per ora lo condivido.