NFT, lo straordinario successo dei non-fungible token: perché sono così popolari?

L’unicità degli NFT e la loro fortunatissima ascesa

I token hanno un codice a barre verificato da una blockchain, un registro digitale crittografato. Nonostante siano costruiti con lo stesso sistema di programmazione delle criptovalute, sono però profondamente diversi da queste ultime. Se ogni bitcoin è uguale all’altro, infatti, gli NFT sono invece unici e infungibili e cristallizzano la proprietà di beni digitali che, più degli altri, sono soggetti a duplicazione, scaricamento e rielaborazione.

Allo stesso modo, ogni oggetto digitale può potenzialmente diventare un NFT, com’è successo con il primo tweet postato dal cofondatore di Twitter, Jack Dorsey, venduto come NFT per più di 2,9 milioni di dollari.

Comparsi nel 2014, i fortunatissimi token infungibili hanno conosciuto negli anni una sorprendente ascesa. Dal 2017 è stata spesa in NFT la somma esorbitante di 174 milioni di dollari e nel 2021 Christie’s ha battuto all’asta per 69,3 milioni di dollari il jpg dell’opera digitale più costosa di sempre. Parliamo di un collage di immagini di Mike Winklemann, più noto come Beeple, e chiamato “Everydays: The First 5000 Days”.

Non solo i collezionisti d’arte, ma anche le aziende stanno seguendo questa tendenza, basti pensare a Taco Bell, che ha messo all’asta le sue particolari versioni di arte NFT per supportare una causa benefica. L’offerta di Taco Bell è andata esaurita in pochi minuti, con le offerte più alte che hanno quasi sfondato il tetto dei 4000 dollari. Ma ci sono anche celebrità come Snoop Dogg e Lindsay Lohan, che hanno fiutato la possibilità di fare affari, vendendo cimeli e artwork, mentre l’NFT TopShot della schiacciata di LeBron James in onore di Kobe Bryant è stata battuta all’asta per quasi 400.000 dollari.

Bolla speculativa o frontiera del futuro?

Insomma, c’è chi ritiene che gli NFT possano diventare una nuova frontiera dell’investimento, mentre altri ritengono che questo nuovo business sia soltanto un miraggio, destinato a diventare una delle tante bolle speculative.

A questa considerazione si può aggiungere anche una riflessione su problemi che gli NFT condividono proprio con le criptovalute, come la mancanza di una regolamentazione giuridica chiara, la scarsa trasparenza del mercato di riferimento e, non ultimo, l’impatto ecologico fortemente negativo, dovuto al fatto che l’intero sistema necessita di server in grado di consumare enormi quantità di energia.

Al momento però, l’offerta di NFT sta crescendo sempre di più, con la benedizione del mercato. E molti se ne stupiscono, soprattutto i non esperti, che si chiedono per quale motivo un acquirente dovrebbe spendere soldi per accaparrarsi un’opera che in ogni caso è onnipresente in rete, in tutte le sue infinite e possibili riproduzioni. Non è facile da capire, per chi non è abituato alla trasformazione di un mondo sempre più digitale e legato a nuovi criteri.

Il punto è che a essere acquistata con l’NFT è la certificazione della proprietà del bene, vale a dire ciò che lo rende unico. E questo, cioè possedere qualcosa che nessun altro ha, riveste per l’acquirente un valore superiore a quello del bene stesso. È una logica, questa, che i collezionisti conoscono molto bene. Oltretutto gli NFT possono avere un solo proprietario alla volta, il che certifica la proprietà in modo sempre esclusivo, aumentando la gratificazione di chi possiede il token.

A essere semplificato è anche il rapporto tra artista e acquirente, che in questo modo diventa molto più diretto e “rischia” di ridurre di molto il ruolo e l’importanza delle gallerie o delle case d’aste. Oltre a gestire direttamente il rapporto con il potenziale acquirente, inoltre, con gli NFT gli artisti possono programmare le royalties, in modo da guadagnare anche da successive vendite dell’oggetto digitale, cosa che invece, finora, non è mai stata possibile.