L’industria della moda reagisce alla crisi: minimalismo e sostenibilità

Leggera, inconsistente, incredibilmente concreta

Diciamo la verità: di fronte a una crisi globale di queste proporzioni la prima domanda che viene in mente alla maggior parte delle persone non è “come si starà comportando l’industria della moda”. Eppure questa percezione di “frivolezza” che indubbiamente prevale se pensiamo a tutte le professioni essenziali, si ridimensiona quando ci ricordiamo che la moda è un settore che in Italia genera oltre 70 miliardi di indotto annuale (l’1,2% del Pil) e che garantisce migliaia di posti di lavoro. Visti da questa prospettiva, l’annullamento di sfilate ed eventi, la chiusura di negozi e il crollo delle vendite appaiono fenomeni tutt’altro che trascurabili. Per fare fronte a questa crisi, alcuni marchi si stanno lanciando in vere e proprie operazioni di rebranding o almeno di riposizionamento.

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L’industria della moda cambia modo di pensare (e il resto viene dopo)

Influencer, celebrità e grandi marchi della moda hanno cercato fin da subito di contribuire al superamento della crisi. Alcuni hanno riconvertito parte della produzione in abbigliamento protettivo e mascherine, altri hanno organizzato raccolte di fondi per associazioni benefiche (come hanno fatto le stiliste Anna Rosa Vitiello e Bettina Looney per Medici Senza Frontiere) o per ospedali locali ed enti pubblici. È stato chiaro ben presto, tuttavia, che in questa occasione i singoli gesti di generosità non sarebbero stati abbastanza. Occorreva pensare anche a un “dopo”. A un dopo in cui i consumatori non reggono più il passo di un’industria che chiede loro di consumare velocemente, di acquistare continuamente, di accumulare o di buttare via, di indulgere al superfluo con costi alti giustificati soprattutto dal valore simbolico più che da quello reale. Per questo si è diffusa – o si sta diffondendo – una tendenza marcata e in alcuni casi (come quello di Armani) esplicita al minimalismo. Si pensa a una moda fatta per durare, con meno prodotti ma di qualità maggiore. Questa scelta è dovuta anche alle enormi rimanenze che si sono accumulate nei magazzini di tutto il mondo, man mano che i negozi chiudono temporaneamente per i lockdown o definitivamente per l’impossibilità di sostenere i costi fissi – mentre le vendite online non bastano a colmare il divario. Insomma, la corsa dell’industria della moda si è arrestata. Che cosa accadrà adesso?

Fra nuovi social media e CSR

La comunicazione dei principali brand dell’industria della moda è cambiata di pari passo con l’evolversi delle identità dei brand e con gli obiettivi per il prossimo futuro. La tendenza all’essenzialità nella produzione si traduce, in ambito comunicativo, in una pronunciata tendenza all’autenticità. Per questo motivo le scelte in termini di piattaforme e contenuti sono cambiate negli ultimi mesi. I brand di moda sono stati fra i primi a sfruttare le nuove funzioni di TikTok per le aziende, utilizzando il social per condividere non solo le nuove collezioni, ma anche per instaurare con gli utenti un rapporto più stretto e autentico. Anche sui social già utilizzati, questi marchi comunicano adesso in modo diverso. Il dialogo con gli utenti è improntato alla trasparenza, soprattutto rispetto alle nuove scelte di CSR (Corporate Social Responsibility) dell’azienda. Tutte le scelte etiche, dalla qualità alla filiera, dalle misure di sicurezza alla gestione del personale, sono condivise e discusse pubblicamente.

Tecnologie per sostituire gli eventi

L’industria della moda è stata fin da subito in prima linea sul fronte delle tecnologie utilizzate per sostituire tutti gli eventi che non si possono più organizzare. Fin dalle sfilate invernali organizzate in streaming per permettere ai buyer cinesi di visionarle in un momento in cui era loro impossibile spostarsi. Nel corso degli ultimi mesi le sperimentazioni in questo senso sono continuate. Uno degli esempi più interessanti è quello di Michael Kors, che ha utilizzato la realtà aumentata all’interno dei propri ad, creando promozioni interattive nelle quali gli utenti possono provare i modelli di occhiali direttamente sul proprio viso, in modo dinamico. Nella stessa fascia si collocano anche i filtri per Instagram e Snapchat creati da marchi come Dior, per finire con gli eventi virtuali più complessi, che sostituiscono le passerelle reali con quelle virtuali.

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