Diciamo la verità: sapevamo che sarebbe successo. Quando Facebook ha comprato Instagram in molti hanno avuto una sgradevole sensazione di sconfitta e di “contaminazione”. Un po’ come quando la spiaggia deserta dell’infanzia diventa popolare fra i turisti e si riempie di stabilimenti chiassosi o come quando il nostro ristorantino sconosciuto di fiducia viene rilevato da un nuovo proprietario che lo trasforma in un fast food in franchising. Quello che temevamo sta effettivamente per succedere: Instagram ha annunciato l’introduzione di un algoritmo che sembra somigliare in tutto e per tutto a quello che ha reso Facebook una macchina molto più redditizia per la famiglia Zuckerberg e un posto molto meno piacevole per tutti noi. Perché, non giriamoci intorno, è di questo che si tratta: nonostante l’elegante comunicato ufficiale che ci racconta come il team di Instagram stia perdendo il sonno all’idea che noi poveri utenti non riusciamo a vedere i contenuti che ci piacciono di più, il focus dell’operazione sono i brand, non gli utenti. Un algoritmo che premia con maggiore visibilità i post che hanno già maggiore visibilità ha una conseguenza ovvia: penalizza i piccoli brand e tutti coloro che non sono delle superstar. Instagram e Facebook, di fatto, funzionano secondo lo stesso principio della Siae, dei mutui e dell’otto per mille: elargiscono generosamente a chi ha e lasciano a malapena le briciole a chi non ha. Naturalmente il meccanismo, come per Facebook, sarà aggirabile acquistando pacchetti promozionali. Si tratta, come al solito, di mettere all’angolo i piccoli account commerciali e obbligarli a pagare. D’altra parte, come Facebook, Instagram è un’azienda, non un servizio pubblico e obbligare gli utenti a investire per non perdere il proprio traino promozionale è, oggettivamente, una buona idea. Sono i social media, bellezza. Esiste un modo per restare a galla anche dopo l’introduzione del temutissimo algoritmo? Ci si può provare.
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